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Paganesimo: Parte XVI - Il dìo bianco

Archdruid in his full judicial costume (by Charles Knight)La cosiddetta "pasqua"1 si avvicina un'altra volta. Ogni anno facciamo esperienza di questo ritorno del Sole, e sebbene il contenuto religioso della celebrazione non sia sempre stato lo stesso, noi sempre abbiamo celebrato religiosamente - e più tardi spesso anche non religiosamente - il suo ritorno, e questo fin dai primordi dell'uomo. All'inizio, il Sole veniva visto semplicemente come uno spirito, un cerchio splendente nel cielo sospinto dal vento. Molto, molto più tardi questo spirito impersonale subì un processo di antropomorfizzazione, così ebbe origine la nostra divinità solare.

L'uomo dell'antichità aveva una visione ciclica della vita. Non vi era inizio né fine, solo un perpetuo movimento ciclico. Il Sole - che si trattasse di uno spirito oppure di una divinità - nasceva ogni mattina, ogni dì viveva, ogni sera moriva, e ogni notte doveva passare attraverso il misterioso mondo sotterraneo, e così era sempre stato. L'uomo dell'antichità - il quale era intelligente quanto noi, ma anche molto più ignorante - aveva ogni volta una gran paura che il Sole non sarebbe ritornato dal mondo sotterraneo, così faceva del suo meglio per assicurarsi il suo ritorno. Egli divenne uno stregone, che assicurava ogni giorno il ritorno del Sole con formule magiche sempre più complicate: canti, imitazioni, versi e intagli di simboli su rocce. Ma - ahimé! - così come il Sole perdeva i suoi poteri quando tramontava a occidente, li perdeva anche in autunno, quando le foglie cadevano dagli alberi di quercia. I venti fischiavano e fredde pioggie dominavano il cielo; e la vita, per l'uomo, si faceva molto dura. E se il Sole non avesse riguadagnato la sua forza? Che sarebbe accaduto? L'inverno sarebbe giunto per non andar mai più via?

Il potere del Sole si trovava nel legno degli alberi. Era stato trasferito in essi dall'astro diurno in cielo per mezzo del fulmine, così credeva lo stregone2, e dagli stregoni poteva esserne estratto per farne uso proprio: essi potevano erigere dei grandi falò che imitassero il potere del Sole, procurando luce e calore agli uomini quando ne avessero avuto bisogno. Quando in autunno pareva che gli alberi morissero (vale a dire quando perdevano le loro foglie), gli stregoni s'arrampicavano sul più potente tra tutti gli alberi, la quercia, e tagliavano il solo rametto che fosse stato fresco, verde e fertile - il vischio. Lo stregone credeva che tutto il potere della quercia (del Sole) fosse confluito dal tronco e dagli altri rami verso quel piccolo rametto, per questo il vischio poteva essere utilizzato come bacchetta magica, poiché in esso era concentrato il potere solare. Questa era la chiave del potere del mondo, e lo stregone diveniva onnipotente! Egli era sia re che dìo per la sua gente!

Gli stregoni regnarono in Europa per decine di migliaia di anni, fino al termine del neolitico o dell'età del bronzo, quando la magìa venne in gran parte rimpiazzata (o piuttosto affiancata) dalla religione, e lo stregone venne scambiato col prete. Quando lo stregone incappucciato tagliava il vischio dall'albero di quercia, il nuovo arrivato prete lo malediva, accusandolo di aver assassinato l'amato Belus, la divinità dell'albero di quercia, nonché il potere del Sole. Il dìo-quercia stesso era invulnerabile al male, poiché tutto il suo potere era confluito nel vischio. La sua forza vitale si trovava in questo ramo d'oro, ma era stata portata via dallo stregone. Questa era la vera ragione, così credeva il prete, per cui l'inverno giungeva, ricoprendo le terre di neve e gelo. In altre parole, Belus veniva assassinato dallo stregone incappucciato!

Durante l'età vichinga, parecchie migliaia di anni più tardi, tutto questo era divenuto un mito su una divinità incappucciata, Höðr ("l'incappucciato"), che uccide con il vischio il bell'innocente Baldur ("creatura forte e rotonda"). Naturalmente, il vischio è stato a lui donato da Loki ("fulmine"), lo spirito/divinità responsabile del trasferimento del vischio e del potere del Sole all'albero di quercia. Questo potente rametto, chiamato anche Jörmungandr ("bacchetta animata") oppure Bölþorn ("ramo cattivo", "spina cattiva"), è stato gettato sulla Terra e sull'albero di quercia quando Þórr ("tuono") ne colpì la sommità col suo martello (il cui significato originario è "pietra"). Ed è lì che lo stregone incappucciato lo ha trovato…

L'illuminazione può ancora esser trovata - in Baldur, alias Belus: il dìo bianco, la divinità dell'innocenza, della purezza, dell'illuminazione e dei segreti. Le rune sono intagliate sulla sua lingua. Sperate, o signori, che egli Vi parli. Sperate, o signore, che egli Vi baci. Belus Vi risveglierà dal Vostro sonno-di-mille-anni. Il muro di spine può essere infranto.

La cosiddetta "pasqua" si avvicina e la magìa ancòra è reale; nelle parole, nella musica e nella mente forte.

Fonte: "Sorcery and Religion in Ancient Scandinavia".

Notas:
  1. "Pasqua" è un termine che, passando per il latino "Pascha" e per il greco "Πάσχα" ("Paskha"), deriva dall'ebraico "פסת" ("Pèsach"); esso è presente con le sue derivazioni in tutte le lingue europee moderne, ma si tratta di un termine estraneo alla cultura indoeuropea, essendo un retaggio della giudeo-cristianizzazione d'Europa il cui significato è appannaggio esclusivo di ebrei e cristiani. Il termine inglese "Easter" ("Ostern" in tedesco), invece, testimonia chiaramente della sua origine indoeuropea: dall'antico inglese "Ēastre" (nome di una dèa anglosassone dell'aurora, antico almeno 1100 anni); dal proto-germanico *austrōn ("alba", "aurora", ma anche "primavera", "òro", "aureo"); dalla radice proto-indoeuropea *aus ("risplendere", "splendente"). La presenza di tali derivazioni in tutte le principali famiglie della lingua indoeuropea (germanica, baltica, greca, iranica) ha condotto alla ricostruzione del nome *haéusōs, ad indicare una comune proto-storica divinità dell'alba e della primavera (l'alba dell'anno), dall'aspetto d'una giovane donna nubile bellissima, figlia dei cieli, suo malgrado portatrice di luce.
  2. Cfr. V. Vikernes, A Bard's Tale, IX, "The Mistletoe"; trad. it. Racconto di un bardo, IX, "Il vischio" (sia l'originale che la traduzione italiana sono disponibili all'indirizzo www.burzum.org).

Varg "il Villano" Vikernes
(11 marzo 2010)
Traduzione di Lupo Barbéro Belli



Scritto in esclusiva per www.burzum.org

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